Nell’ultimo giorno della Milano Fashion Week, la città si è fermata. La sfilata Spring/Summer 2026 di Giorgio Armani alla Pinacoteca di Brera è stata l’ultima ideata dal Maestro prima della sua scomparsa.
Le sue creazioni sono state esposte accanto ai capolavori di Hayez e ai maestri del XIX secolo, in un dialogo tra moda e arte che ha commosso il mondo.
Tra diritto e patrimonio
Originariamente pensata per celebrare i 50 anni del brand, la mostra è diventata una riflessione sulla memoria e il controllo del proprio lascito creativo.
L’identità come linguaggio
Dagli anni ’70 Armani ha ridefinito lo stile italiano: tailleur morbidi, palette grigio-blu, eleganza sobria. Ha trasformato la moda in un modo di vivere — dagli Emporio Armani Café ai profumi e alle collezioni sportive.
I limiti del diritto
Ha protetto marchi e loghi, ma non ha potuto registrare tutto. I colori e le linee dei suoi abiti sono rimasti fuori dal diritto d’autore.
L’autenticità come valore
Con il progetto Armani/Archivio, ha digitalizzato decenni di creazioni, trasformandole in beni culturali. Così ha garantito che la sua eredità fosse eterna.
Il testamento e il futuro
Armani ha affidato la sua azienda alla Fondazione Giorgio Armani, custode dei suoi valori estetici e morali.
L’ultima sfilata
L’ultimo abito — blu con il volto del designer — ha unito arte, legge e emozione. Simbolo di un messaggio eterno: la vera proprietà è quella delle idee e della bellezza che sopravvive.