La moda è spesso paragonata a un incubo: abiti che costringono il corpo, standard di bellezza deformati, valori distorti. Jonathan Anderson, al suo debutto femminile per Dior, ha trasformato questa immagine in spettacolo.
Prima della sfilata, il pubblico ha visto un film horror proiettato su una piramide capovolta. Il regista Adam Curtis ha mostrato Dior come una “casa infestata” dai fantasmi dei grandi stilisti. Lampi di sangue, urla e archivi hanno evocato Hitchcock e “Il diavolo veste Prada”.
Scioccare fa parte del DNA
Il film ha ricordato che Dior non è mai stato solo eleganza. Le prime collezioni di Christian Dior scandalizzarono la Francia. Anderson ha ripreso quello spirito, proponendo Dior come laboratorio creativo.
Smontare e ricostruire i codici
Il bar jacket ridotto in miniatura, pepli trasformati in fiocchi, abiti che sembravano canestri o sfere di gomma. Un abito di perline richiamava la celebre Junon del 1949.
Estremi giocosi
La collezione ha alternato fantasia e quotidiano: mantelle lavorate a maglia con jeans, gonne con balze “anatre”, cappelli futuristici. Molti richiami al lavoro di Anderson in Loewe e JW Anderson.
La sfilata ha portato anche leggerezza e ironia.
Chi è la donna Dior?
È una donna che sperimenta, rifiuta la convenzione e non incarna la formalità classica.
Lo show può aver disorientato i clienti più conservatori, ma non ha davvero scioccato. È stato audace, teatrale e rumoroso.