Apro le app di resale quasi quanto Instagram. Invece di scorrere a caso, seguo i miei brand preferiti e controllo gli articoli salvati sperando in uno sconto. Così ho acquistato un completo di Simone Rocha quando il prezzo è sceso di quasi l’ottanta per cento.
Quando il second-hand imita il fast fashion
In un periodo complicato ho comprato tre capi di fila e mi sono chiesta se non stessi ripetendo le vecchie abitudini del fast fashion, solo in chiave «sostenibile». Il pre-loved è migliore del nuovo, ma non se continuiamo a comprare senza freni.
Quanto è troppo
Secondo alcune analisi dovremmo limitarci a cinque capi nuovi all’anno per rispettare gli obiettivi climatici. Per il second-hand non esiste un numero preciso, perché il passaggio di proprietà non rende un capo automaticamente sostenibile.
Rileggendo gli scontrini ho contato dieci acquisti. Meno del previsto, ma comunque tanti. Anche le mie colleghe hanno ammesso di comprare molto più di quanto pensassero.
«Se è usato, non conta»
Questa mentalità è diffusa, ma gli studi mostrano che chi ama il second-hand compra di più di tutti — nuovo e usato. È un ciclo rapido di consumo che finisce spesso nelle discariche del Sud Globale.
Non possiamo uscire dalla crisi climatica comprando sempre di più, neppure vintage.
Acquistare con intenzione
La moda pre-loved funziona quando sostituisce un acquisto nuovo. L’intenzione è tutto. C’è chi aspetta mesi prima di scegliere un capo, puntando su qualcosa che userà davvero a lungo. Anche per me i pezzi migliori sono quelli che ho desiderato e cercato con pazienza.
La gioia — e il limite
La caccia al pezzo perfetto è parte della magia del vintage. Ma compro troppo? Sì. La risposta non è smettere di acquistare usato, ma comprare meno in generale e indossare ciò che già possediamo più a lungo.



